Master of Tales è il primo gioco di società dedicato alla scrittura creativa - Master of Tales is the first game dedicated to creative writing

20.9.17

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racconto di Giovanni Murru - Festival letterario Bimbi a Bordo - Guspini - 2/3 settembre 2017 - laboratorio di scrittura creativa con le carte di "Master of Tales".

Ti ho visto partire tante volte, con quella tua solita aria svagata, sereno, felice di andare incontro ad una nuova avventura, una nuova sfida. Due stracci in un borsone, la macchina fotografica e nient'altro.
Era l'Italia del boom economico, tutto sembrava possibile, a portata di mano.
Potevi immaginare, allora, che quelle tue fotografie delle campagne italiane, delle spiagge incontaminate (che oggi, in molti casi, sono diventate discariche a cielo aperto), sarebbero diventate famose, sarebbero valse una fortuna? E che le persone se le sarebbero contese a suon di soldoni?
Solo Dio sa quanto ti ho odiato, quanto ho desiderato che tu morissi.
Sognavo un incidente ferroviario, un ponte crollato all'improvviso, qualunque cosa che potesse liberarmi di te per sempre.
Papà ti ammirava tanto, tanto quanto biasimava me, il secondogenito che, nel 1960, si ostinava a voler fare il ballerino, a studiare danza. Roba da femminucce, roba da froci, urlava.
Lui vedeva in te il realizzarsi dei suoi sogni, e in me tutte le sue paure.
Poi sono andato via, ricordi? Un giorno sei tornato e io non c'ero più. Ero riuscito a scappare in America, a inseguire i miei progetti e non sono più tornato. Neanche la morte di papà mi ha fatto riprendere la strada di casa, nemmeno quella della mamma.
Ho cercato di non pensare a te, ovviamente senza riuscirci.
Ora che mi trovo qui, davanti a questo letto di ospedale, a sperare di vedere i tuoi occhi schiudersi e guardarmi ancora, mi rendo conto di quanto ho sbagliato, di quanto tu mi sia mancato, di tutto il tempo che ho perduto.
Ricordo di averti augurato tanto male, e piango, divorato da un rimorso che morde l’anima.
Ieri sera, quando sono tornato a casa, dopo averti vegliato in ospedale per tutto il giorno, sono entrato in camera tua e mi sono sdraiato sul tuo letto.
Ho affondato la faccia nel tuo cuscino, il tuo cuscino di piume. Ricordi? Li volevi sempre così a casa: dopo mesi trascorsi a dormire chissà dove e chissà come volevi stare comodo, dicevi. Ho percepito il tuo profumo, fratello mio. E anche se non so se ti risveglierai, se rivedrai la luce, io ti aspetto. Aspetto di prenderti per mano per andare sul molo del laghetto delle nostre vacanze di famiglia, quelle di quando eravamo bambini, a guardare il tramonto e a raccontarci i vuoti reciproci delle nostre vite.
Ti aspetto. Ci conto.

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